Distopico
Einaudi tascabili. Scrittori
2018
170
Recensione | Nel paese delle ultime cose
In genere, tutti pensano che per quanto ieri le cose andassero male, fosse comunque meglio di oggi. E quelle di due giorni fa erano ancora meglio di ieri. Più si torna indietro nel tempo e più il mondo diventa bello e desiderabile.
Descrizione:
Immaginate un posto dove le persone (la nonna, il droghiere, il vicino di casa) e gli oggetti (le auto, lo spazzolino, la caffettiera, la gomma da cancellare) sono a rischio di estinzione. Una mattina ti alzi e non c’è più il postino o lo schiaccianoci. E non solo il tuo, ma quello di tutti. Qualsiasi rimasuglio diventa allora l’oggetto più prezioso del mondo, soprattutto per i “cacciatori di oggetti”, persone in grado di uccidere per accaparrarsi, che so, un mozzicone di matita.
Il libro:
Nel paese delle ultime cose è un capolavoro.
Detto questo, passiamo all’analisi: è un romanzo distopico, l’ambientazione è quella di una città post-apocalittica (sul genere di Codice Genesi, per intenderci), dove le parole d’orine sono fame, distruzione e malattia. L’atmosfera è cupa, grigia, trasmette una sensazione di soffocamento e desolazione allo stesso tempo.
Come in ogni situazione precaria, ciò che prevale è il “lato oscuro” del genere umano: la fame e la paura si trasformano in violenza ed egoismo.
Se vuoi sopravvivere qui, devi lasciar perdere le questioni di principio.
Ed ecco che si forma lo scenario che fa da sfondo all’interno romanzo: è con queste basi che la protagonista si dirige verso un paese sconosciuto, alla ricerca del fratello scomparso; qui rimane intrappolata e inizia il suo tortuoso percorso di sopravvivenza in cui contano solo tenacia e astuzia.
Capisci cosa sto cercando di dire? Per vivere devi far morire te stesso.
Auster passa in rassegna ogni emozione umanamente concepibile e la porta all’estremo: la paura, che porta alla violenza, la disperazione, pareggiata soltanto dall’istinto di sopravvivenza, l’amore, in condizioni più che ostili.
Ed è questo il punto di forza del libro: racconta il peggio, ma nel modo migliore possibile. Senza mai avere un calo di tensione.
Come ogni distopico che si rispetti, la base è la realtà di ogni giorno, quella del mondo attuale: leggendo attentamente, infatti, si possono trovare moltissime somiglianze con ciò che viviamo ogni giorno, solamente portato all’estremo.
I ricchi fuggirono, portando con se ori e diamanti, e chi rimase non poté più permettersi di essere generoso.
Non solo: fino alla fine, da ogni pagina, emerge quel senso di speranza vana, tipica dell’essere umano che vorrebbe cambiare qualcosa ma non è in grado di farlo.
Non puoi trovare differenza fra un abito ben fatto e uno malfatto se sono entrambi ridotti a brandelli, giusto?
Nonostante tutto, Anna cerca di mantenere un briciolo di umanità, dandone prova con l’atto più “naturale” per ogni essere vivente, ma… ci deve essere un “ma” altrimenti cadrebbe lo scopo del romanzo.
In conclusione:
Non mi dilungo ulteriormente per evitare di rivelare troppo; rimane solo una cosa da dire: leggetelo. Sicuramente è un libro che lascia il segno, si fa ricordare, fa riflettere. Buona lettura.
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